Pedali sulla Francigena
Porta Camollia, è una delle più antiche porte della città e se ne attesta la presenza già in un documento del 1082. Dopo varie ristrutturazioni avvenute nel tempo si raggiunge la sistemazione attuale nel 1604 quando viene introdotto sulla facciata esterna il celebre motto “Cor magis tibi Sena pandit”. (“Siena ti apre un cuore grande [come la porta che stai attraversando]”)..
Da Porta Camollia, verso la SS2 che lasciamo per seguire la strada che porta a Uopini e poi a Badesse, borgo situato in fondo ad una lunga discesa, ai confini col territorio del Chianti.
In direzione di Monteriggioni, pedaliamo lungo una strada piacevole, dal profilo ondulato, spesso immersa nel verde dei boschi della Val di Merse.
Monteriggioni, castello medievale, importante guarnigione militare senese, luogo difficile da conquistare, spesso conteso tra la Repubblica di Siena e quella di Firenze, domina il territorio circostante. La bellezza e il fascino del sito sono conosciuti in tutto il mondo, tratteggiati da poeti e scrittori, citata perfino nell’inferno dantesco: “Monteriggioni di torri si corona. Sulla possente cinta muraria, che solo nel 1554 fu espugnato dalle truppe imperiali di Carlo V, furono costruite 14 torri quadrangolari. Anche oggi il castello di Monteriggioni esercita fascino e inquietudine a chi lo vede per la prima volta, arroccato com’è sulla sommità del poggio che guarda a nord.
Chi, secoli fa, avesse guardato intorno a Monteriggioni vi avrebbe trovato le terre dell’Abbazia a Isola, boschi e il grande lago, Silva Lacus, che lambiva la Montagnola, ospitava eremi di monaci e comunità di contadini. Quel territorio, in epoca granducale, cominciò ad essere bonificato con interventi che, in seguito, avrebbero cancellato il bosco e il lago rimasti solo nel ricordo della gente e nella toponomastica.
L’invaso divenne un piano: il Pian del Lago e nel Novecento fu adibito ad aeroporto militare; formalmente ancora oggi l’area è zona militare, ma di fatto, con l’andar del tempo, si trasformò in un immenso parco dei senesi che, nei giorni di festa, cominciarono a scoprirlo e frequentarlo per le loro passeggiate, le loro pedalate o a cavallo e per i giochi dei loro bambini.
Abbadia Isola, importante insediamento monastico fondato nel 1001, mansio del tracciato francigeno descritto da Sigerico, arcivescovo di Canterbury. Deve il suo nome al fatto che, sorgendo ai margini di terreni impaludati, la chiesa sembrava poggiare come su di un’isola. La bellezza dell’Abbazia dei Santi Salvatore e Cirino, il chiostro annesso, la fortificazione che racchiude tutto il complesso ne fanno un luogo di grande fascino, una tappa obbligata per una sosta che ristora non solo il corpo stanco ma anche l’anima.
La tappa dopo Abbadia a Isola è Castellina Scalo e da qui nella Montagnola Senese che si estende ai limiti nord del Monte Maggio. Superiamo fattoria Petraglia, e località Casella dove è possibile ammirare, un tratto originario di selciato medievale (percorso CAI 101) che porta a Pontarosso, ponticello in pietra e mattoni.
La Montagnola riveste un marcato interesse speleologico per la presenza di fenomeni carsici, come le doline in zona Fungaia, del “cratere” nelle vicinanze del Castellare del Monte Maggio, di grotte (una sessantina quelle esplorate) e inghiottitoi. Il territorio della Montagnola Senese è stato mappato dalla sezione del CAI di Siena che ha realizzato una fitta rete di sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike. L’area è censita tra i Siti Natura 2000 come Zona Speciale di Conservazione di importanza comunitaria.
Aree Attraversate
Di Siena e della sua armoniosa bellezza, hanno scritto in tanti, in tutti i tempi, ed è difficile inventarsi parole nuove per descriverne il fascino, soprattutto se non si è poeti. L’UNESCO l’ha dichiarata nel 1995 Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
José Saramago, scrittore portoghese e premio Nobel, era innamorato della Città e le ha dedicato parole che la descrivono con pennellate di emozione e passione profonde:
“Ed ecco Siena, la beneamata, la città dove il mio cuore si compiace veramente”. “Le tre colline su cui è costruita ne fanno una città dove non esistono due strade uguali, tutte contrarie ad assoggettarsi a qualsiasi geometria”. “Questo meraviglioso colore, il colore del corpo brunito dal sole, ma che è anche il colore della crosta del pane di granturco, questo colore meraviglioso va dalle pietre alla strada e ai tetti, addolcisce la luce del sole e si cancella dal viso le ansie e i timori”.
“Non può esservi nulla di più bello di questa città”. Piazza del Campo “una piazza inclinata e curva come una conchiglia, che i costruttori non vollero spianare ed è rimasta così, come se fosse un grembo”.
“Guardo i vecchi palazzi di Siena, case antichissime dove vorrei poter vivere un giorno, con una finestra tutta mia, affacciata sui tetti color argilla, sulle persiane verdi delle finestre, come nel tentativo di decifrare da dove venga questo segreto che Siena mormora e che io continuerò a sentire, benché non lo capisca, fino alla fine della vita”.
La Val di Merse è il respiro delle Terre di Siena, è linfa, è sosta, riposo. E’ macchia mediterranea e giallo di ginestre, greto di fiumi, a volte torrenziali a volte placidi, regno di animali selvatici e liberi.
Tra i boschi, piccoli paesi fermi nel tempo, che niente hanno concesso alla modernità. Nel verde i tesori dell’acqua: resti di mulini che nel medioevo fecero l’economia di questa terra, acque termali dove si sono bagnati secoli di generazioni e di popoli, luoghi dove hanno lasciato tracce, persino nel dna degli abitanti, civiltà misteriose come quella etrusca, piccole pievi romaniche, castelli diroccati. Architetture sorprendenti a queste latitudini: ville signorili e giardini all’italiana, chiostri di monasteri dal fascino orientale come illustrazioni de “le mille e una notte” , mura di potenti abbazie che, ancora, nel silenzio, dominano il territorio e irradiano misticismo, eremi là dove leggendari cavalieri deposero le armi e cambiarono la propria vita lasciando tracce che a noi appaiono cariche di simbologia.
Distesa di colori che riposano gli occhi, suoni d’acqua e silenzio, odore di terra e profumo di salmastro nella brezza che viene dal mare poco lontano, sapore di frutti del bosco.
Il profilo delle torri di San Gimignano, su un cielo di inizio estate all’imbrunire, potrebbe essere l’immagine iconica di questa terra, ma c’è molto altro che potrai cercare e trovare in Val d’Elsa, oltre a gioielli d’arte come Colle Val d’Elsa, Monteriggioni e la conosciutissima San Gimignano.
La Val d’Elsa è terra semplice, dolce e profumata di Vernaccia; è terra di gente operosa, che ha disegnato con il lavoro colline di olivi e vigne, gente che utilizzando quanto la natura sa offrire ha dato vita nei secoli a cartiere, cristalli preziosi ed opere d’arte. La val d’Elsa è patria di un genio precursore quale Arnolfo di Cambio, architetto, scultore e pittore.
Per chi non si accontenta di viaggiare in superficie la Val d’Elsa si rivelerà un vero gioiello, allontanandosi dagli angoli più conosciuti, dagli “scorci da cartolina” vi troverete in cammini da sogno, in una campagna solare e aperta, cullati dalle colline, accolti dalla pietra di poderi, pievi e piccoli borghi che vi inviteranno ad una sosta, chiedendovi di prendervi tempo, di riprendervi “il tempo”.